Rileggo oggi la pagina n. 13 del Diario.
Sicuramente (e lo auspico veramente) Nicola scriverà molto di questo viaggio e dell’irripetibile esperienza vissuta assieme (quest’ultimo è un aspetto che “tocca” più il mio ruolo), ma con queste poche “immense” righe del Diario ha già detto tutto, ha colto in pieno, per i toni, le parole e i sentimenti, la vera essenza di quanto pensato, organizzato e vissuto.
Grazie, Nicola.
Adalberto “Teto” Gambetti, 19 agosto 2016
Teto era mio padre. Una malattia tanto subdola quanto terribile, durata tre anni, lo ha infine sopraffatto il 9 marzo 2018. Non prima, però, di aver provato, senza successo, a minare e sconfiggere tempra, tenacia, spirito e voglia di vivere di un settantenne unico e combattivo… quella stessa voglia di vivere che lo ha portato, che ci ha portati, nel frattempo, prima che la situazione precipitasse definitivamente, a raggiungere la meta sognata per una vita e raccontata in queste pagine.
Teto conosceva ogni aspetto di Capo Nord: aveva letto decine di libri, navigato centinaia di siti Internet, letto migliaia di articoli e testimonianze di ogni genere. Io, prendendolo in giro, paragonavo questa ossessione geografica alle Isole Figi del Truman cinematografico interpretato da Jim Carrey. Un vero chiodo fisso, consolidato dalla progressiva età (inversamente proporzionale alle possibilità di raggiungerlo) e dall’hobby del mototurismo, scoperto tardi assieme a me ma vissuto, anche quello, con genuina e profonda passione sempre in coppia padre-figlio. Rigorosamente su BMW un po’ vetuste, classiche… ma per questo irresistibili.
Amava raccontare che il colpo di fulmine verso questo lembo estremo dell’Europa settentrionale scoccò addirittura nel 1962, all’indomani dell’acquisto della prima Lambretta 125 (Teto non aveva ancora compiuto 16 anni). Nel tempo la meta è rimasta un punto cardinale delle sue speculazioni emotive, inamovibile e periodicamente riaffiorante, ma sono cambiati i mezzi e gli strumenti per raggiungerla, progressivamente all’evoluzione personale e familiare: scooter, auto, tenda, roulotte, camper, traghetto postale… sino alla mia definitiva “proposta indecente“, nel 2012, di festeggiare i 50 anni dalla prima pianificazione (Teto aveva appena compiuto 66 anni) e realizzare finalmente il sogno della sua vita, sfidando anche quella che un tempo veniva definita “senilità”, andando a Capo Nord in moto. Con le nostre moto. Sarebbe stata una bella sfida, anche agli occhi degli adorati nipotini che ormai lo guardavano come un nonno eroico e fuori dal tempo.
Teto, ovviamente, prima si era schernito poi, lentamente (ma non troppo!) l’aveva accettata, ri-alimentandola di passione e nuove informazioni… ma una serie di concause legate alla quotidianità avevano interferito progressivamente, dilatando i tempi e posticipando quel desiderio irrefrenabile, irrealizzabile e mai sopito. Nel frattempo, maledetto anno 2014!, la vita ci aveva riservato una serie di eventi infausti in sequenza (tra gli altri, un mio incidente in moto e la scoperta della sua malattia) che avevano portato decisamente – e, sembrava, definitivamente – qualsiasi progetto del genere non solo tra le ipotesi meno fattibili ma, addirittura, tra le imprese sconsiderate e folli. Ma sempre, inconsciamente, accantonate per una nuova occasione come si deve irrazionalmente ai sogni, quelli veri.
Il trascorrere del tempo, i mille ostacoli fisici e psicologici superati nel frattempo sempre con spirito eccezionale e voglia di rimettersi in gioco e, probabilmente, l’inconscia percezione del lento – ma inesorabile – esaurirsi della sabbia nella clessidra biologica hanno fatto il resto: rimaneva poco tempo, un’unica occasione, la moto per Capo Nord era un po’ ingolfata ma già accesa. Dopo la convalescenza e un controllo confortante (Teto era già al secondo intervento, più radioterapia) la strada era lì, dritta, sino al Circolo Polare. Mancavano solo i bagagli: gli ultimi raggi del sole di mezzanotte 2016 erano già a portata di sguardo…
Questo sito è dedicato a te e ai tuoi sogni, papà, affinché non si dissolvano nell’oblìo della mia sola testimonianza orale – progressivamente e inevitabilmente sempre più rarefatta dal tempo trascorso – ma, anzi, vengano riportati come li avevo raccontati in ‘presa diretta’ in una serie di “post” quotidiani sui social network, si propaghino e incontrino – riconoscendosi reciprocamente – i sogni di altri; peraltro volevi fortemente che il “Diario di bordo” emigrasse da Facebook, si dilatasse arricchendosi con calma di ulteriori dettagli sedimentati e diventasse un piccolo libro… ma ho ritenuto, da una parte, che le sensazioni scritte di getto a loro tempo rimangano le più genuine ed emozionanti (anche per una priorità, una sintesi e un lessico imposti dalla stanchezza e dalla selezione inconscia del momento), dall’altra sono certo che Internet, attraverso un blog, possa aprire meglio – e a tutti – le porte del tuo e nostro cuore e della tua e nostra immaginazione. E senza aggiungere nulla che tu purtroppo non possa, oggi, valutare, approvare, condividere, discutere: qualsiasi aggiunta a ciò che scrissi rapidamente – ma intensamente – su un letto troppo corto, su un tavolino claudicante o sulla poltrona di un traghetto durante sarebbe inevitabilmente influenzata da tutto ciò che è (purtroppo) successo dopo.
Testimonianza, esperienza, condivisione e divulgazione. Cristallizzazione e memoria.
Il fine/infinito della Rete è anche questo.
Grazie, papà.