Giornata all’insegna di due pietre miliari di questo viaggio: Circolo Polare Artico e Isole Lofoten.
Ma anche di qualche segno di cedimento (anche Superman ha la propria Kryptonite), dovuto sia all’impegno psicofisico sia a questa luce che ti assedia lungo le 24 ore: prima Teto ha dimenticato la mentoniera del casco chissà dove, poi a me è volata via la custodia degli occhiali da vista dal portapacchi (with eyeglasses inside, obviously Mr. Murphy) che e’ finita – per fortuna solo di striscio – sotto le ruote dell’unico veicolo presente, insieme a noi, sulla E6 altrimenti deserta per chilometri (obviously Mr. Murphy, the 2nd). Teto ha osservato, serafico, “perderemo anche il traghetto”: per fortuna tale sciagurato evento non e’ avvenuto, ma in compenso io sono riuscito a far cadere un guanto nel water dell’area di servizio….. proprio in quell’istante metafisico, cosmico e sublime che intercorre tra la fine di una necessita’ fisiologica e l’avvento delle cateratte con conseguente risucchio definitivo nel sistema fognario locale. Per fortuna ho recuperato il prezioso indumento ma consumato mezzo flacone del bagno per riportarlo a uso dignitoso e inerte.
Oltrepassando il Circolo Polare l’emozione e’ stata tangibile. Sono scorsi tanti pensieri sul tempo passato in sella, sul primo obiettivo simbolico raggiunto, sul significato geografico ed emotivo della tappa, su queste motorette che, pur con tanti anni sulle spalle (anche se appaiono meravigliose MILF), non si fanno pregare e assecondano ancora i nostri folli desideri, sulla nostra tenacia e sulla metafora della strada percorsa… ma anche su chi e’ a casa, chi ha permesso che il sogno si realizzasse, chi ha compreso e affettuosamente “tollerato” la momentanea separazione condividendo lo spirito di questa oggettiva sfacchinata che non è solo “un viaggio”, ma qualcosa di più, ancora per molti aspetti inspiegabile. Ma anche su chi, come voi che state leggendo, partecipa a modo proprio a questa avventura e non ci fa mai sentire soli, stanchi, esausti.
Il contesto sta profondamente cambiando, siamo ormai in un habitat nordico in senso assoluto: il panorama e’ selvaggio e le raffiche, che annichiliscono il sole pur caldo, sono affilate e improvvise. Vento del Nord, vero.
Sul traghetto per le Isole Lofoten abbiamo conosciuto Ove, svedese sessantaseienne in viaggio con la moglie. Entrambi motociclisti. Tra un aiuto a legare le moto e ripetuti incontri sul ponte, vengo a sapere che Ove ha l’eta’ che aveva suo padre quando e’ morto di un tumore. La moglie ha cinquant’anni e Ove ha deciso di fare un lungo giro in moto per ‘alleggerire la vita’, allontanare della mente i tanti problemi del mondo e le tensioni con la compagna. Fa domande, ascolta con passione e condivisione la nostra storia, vuole sapere di piu’, di Teto e della sua Lambretta 125 del ’62, di quel sogno legato a Capo Nord nato 54 anni fa, della nostra iniziativa: si commuove, gli si bagnano gli occhi, racconta di una madre morta anni fa, del suo rapporto complicato. Improvvisamente tira fuori il cellulare, ci scatta una foto, dice che gli piace ascoltare le belle storie… un giorno vorrebbe scrivere un libro e racconterà anche il nostro viaggio. E’ un omone biondo e muscoloso, un vichingo moderno in tuta mimetica, guida una GoldWing, Ove, ma ci trasmette l’entusiasmo e la tenerezza di un bambino. Solo la moto e’ capace di creare legami improvvisi di questa intensità.
Le Lofoten sono uno spettacolo assoluto. Per il momento risulta impossibile trovare gli argomenti giusti… domani le affronteremo meglio. Per questa sera, dopo il nostro arrivo, ci limitiamo a una cena clamorosa a base di stoccafisso (prodotto principale locale) e balena. Si, balena, classificata come “carne” (meat): strepitosa. Non me ne vogliano gli amici vegani, ma la carne (soprattutto mia) è debole.